LE LEGGENDE DELLA SACRA DI SAN MICHELE
La Chiusa o Sacra di San Michele è probabilmente uno dei luoghi più suggestivi di tutto il Piemonte. I pellegrini l’hanno raggiunta per secoli in quanto punto d’incontro di due importanti vie: quella Francigena e quella Sacra Longobardorum che la unisce al Santuario di San Michele Arcangelo (Foggia) ed a Mont Saint-Michel (Francia).
Collocata sul monte Pirchiriano, si affaccia dall’alto di uno sperone roccioso sulla Val di Susa. Iniziamo subito con una curiosità: sembra che lo stesso Umberto Eco si sia ispirato a quest’abbazia per la stesura del suo celebre romanzo ‘Il nome della rosa’.
I misteri invece cominciano ancora prima di raggiungere l’imponente complesso architettonico. In una zona chiamata la Spianata dei Sepolcri, probabilmente perché usata come cimitero dei monaci, sembra che soffi un vento molto più gelido rispetto a tutta la zona circostante. Si dice che in realtà si tratti del respiro dei morti sepolti in quel luogo.
La Sacra (o Chiusa di San Michele) è originaria dell’X secolo, ma già in epoca romana esisteva un presidio militare e successivamente un avamposto longobardo. Fu fatta erigere nel 966 da san Giovanni Vincenzo, discepolo di san Romualdo.
Anche la costruzione della Chiusa è legata ad una leggenda. Si racconta che san Giovanni Vincenzo avesse pensato ad una nuova abbazia sul monte Caprasio, ma i lavori sembravano non avere mai fine. Faceva posare le prime pietre che durante la notte.. scomparivano! Insospettito, rimase sveglio e scoprì con stupore che, col favore del buio, comparivano degli angeli che trasportavano le pietre dal monte Caprasio al monte Pirchiriano. Questo bastò a convincerlo a cambiare la locazione della Sacra di San Michele che questa volta non subì più ostacoli ‘divini’.
Dal portale di accesso dell’abbazia, sorvegliato da capitelli raffiguranti dei leoni, si inizia il cammino in salita verso il vero ingresso all’edificio. Da qui parte lo Scalone dei morti, un ambiente a volte sorretto da pilastri (quello centrale altro 18 metri!). Il singolare nome dato allo scalone è dovuto al ritrovamento di diverse tombe e di scheletri di monaci murati dietro le pareti.
In cima allo scalone si trova la Porta dello Zodiaco con raffigurazioni dei segni dello zodiaco (sullo stipite di destra) e capitelli con soggetti biblici (Caino ed Abele, ecc.) od ancora simboli di peccato (donne che allattano serpenti, ecc.).
Altri scalini conducono questa volta al portale romanico della chiesa e, sulla destra, all’altezza del gocciolatoio, spunta curiosamente la scultura della testa di un monaco incappucciato. Sui battenti in legno invece, datati 1826 e dono di Carlo Felice di Savoia, sono raffigurate le armi di San Michele Arcangelo ed il diavolo sotto le sembianze di un serpente. Infine, murata alla sinistra del portale, si trova una lapide pagana del I sec. d.C ai quali sono stati aggiunti simboli cristiani.
All’interno della chiesa si trovano grandi feretri contenenti le spoglie di alcuni esponenti di Casa Savoia, ma la parte più suggestiva si trova sul lato nord del complesso, dove permangono i resti dell’antico monastero che ospitava fino a 60 monaci oltre ai pellegrini di passaggio.
Qui si erge una costruzione angolare detta la ‘Torre della bell’Alda’, ennesima leggenda legata alla Sacra di San Michele. Alda, era una ragazza molto pia e devota. Assalita da un soldato di ventura, si gettò nel dirupo dalla torre del monastero. Precipitò nel vuoto, ma quel gesto impietosì tanto la Madonna che Alda giunse a terra miracolosamente indenne. La bell’Alda peccò però di superbia raccontando a tutti la sua avventura e vantandosi di essere una ‘protetta’ dei cieli. Per vanità tentò un nuovo volo nel vuoto, ma questa volta non ci fu alcuna mano divina a sorreggerla: si sfracellò al suolo…
Concludiamo l’articolo con un argomento particolare: gli U.F.O. . Sembra che in tutta la Val di Susa ci siano continui avvistamenti di strani oggetti volanti non identificati. Testimonianze recenti, altre che ci riportano a secoli addietro. A lavori ultimati, nel 966, il vescovo Amizone giunse alla Sacra di San Michele per consacrarla. Le cronache dell’epoca citano che quella stessa notte i cieli quasi s’illuminarono a giorno per la presenza di travi di fuoco e globi volanti.
di William Facchinetti Kerdudo

