CURIOSITA’ E LEGGENDE DEI DOLCI TORINESI

CURIOSITA' E LEGGENDE DEI DOLCI TORINESI

La stagione autunnale offusca i ricordi delle calde giornate estive, delle giornate in spiaggia, della salsedine sulla pelle.
Le giornate si accorciano, i colori delle foglie assumono calde sfumature dal giallo al rosso. Tempo di vendemmie, di raccolta di castagne, di camini accesi e… di dolci!

Torino è rinomata per i suoi antichi caffè e cioccolaterie. Eppure, in passato, il cioccolato ebbe una storia travagliata.
Prodotto esotico proveniente dalle Americhe, era inizialmente riservato ai soli re. Nel 1678, Madama Reale Giovanna Battista concesse poi al solo Giovanni Antonio Ari, inventore della cioccolata liquida, l’esclusiva della vendita per sei anni della bevanda alla città di Torino.
La cioccolata non era però vista di buon occhio, tanto che alcuni maghi dell’epoca la definirono ‘bevanda malefica’.
Fortunatamente, le diffidenze cessarono presto e la cioccolata divenne uno dei prodotti più richiesti ed apprezzati. Nel corso dei secoli, i pasticceri si specializzarono nella creazione di cioccolatini sempre più ricercati. Da ricordare certamente il piemontese Pier Paul Caffarel (ora omonima e prestigiosa azienda dolciaria) che all’inizio del XIX secolo brevettò una macchina idraulica per la produzione industriale dei cioccolatini. Alla stessa industria Caffarel bisogna dare il merito di aver inventato i celebri gianduiotti.
Il nome deriva da un episodio avvenuto durante il carnevale cittadino del 1867. Gianduja, la tipica maschera popolare torinese, assaggiò un givu (come allora venivano chiamati i cioccolatini), a base di cioccolato, zucchero e nocciole macinate, e gli piacque a tal punto che volle attribuirgli il proprio nome.
Interessante infine risalire all’etimologia del nome Gianduja (in piemontese Giandoja), maschera di origine artigiana. Vestito con giubba color marrone bordata di rosso, panciotto giallo, pantaloni verdi, calze rosse ed un copricapo a tricorno, è contraddistinto da carattere simpatico e godereccio, ma anche astuto ed ironico. Gianduja deriverebbe dalla locuzione Gioann dla doja, quindi Giovanni del boccale. Infatti in piemontese la doja, è un boccale di terracotta per bere il vino.

Di fronte al santuario della Consolata si trova invece uno dei Caffè storici più rinomati di tutta Torino. Il nome del locale ‘Al Bicerin’ fa richiamo alla bevanda costituita da cioccolata, caffè e panna servita in un grande bicchiere di vetro.

Restando in tema di cioccolato, è non solo doveroso, ma obbligatorio citare il Bicerin.
Bere il Bicerin divenne una vera e propria usanza a partire dall’inizio del XIX secolo. Grandi artisti e personaggi di passaggio a Torino come ad esempio lo scrittore Alexandre Dumas padre, lo apprezzano e lo citò nei suoi taccuini di memorie.
Il Bicerin, a gusto del cliente, può essere servito in tre varianti:

– Pur e fior, cioè solo caffè e latte
– Pur e barba, cioè caffè e cioccolata
– Po’d tut, cioè la vera ricetta con i tre ingredienti sapientemente dosati

Dal cioccolato si passa… alle caramelle!
Il XIX secolo, soprattutto a Torino, fu contraddistinto per il piacere delle delizie culinarie e dei dolci. I Caffè esponevano nelle loro ricche vetrine pasticcini, torte di ogni forma, cioccolato ed anche caramelle. Una ditta dolciaria, la Pastiglie Leone, creò una caramella gommosa al gusto di violetta in onore del conte di Cavour e che battezzò ‘Senateur’, senatore in piemontese.

Concludiamo con una delizia inventata proprio nella città sabauda: lo zabaione!
I pasticceri e dolciari della Torino medievale erano molto rinomati. Il loro santo Patrono era San Pasquale Baylon (il nome completo è Pascual Baylòn Tubero, religioso spagnolo facente parte dell’Ordine dei Frati Minori).
In atto di devozione realizzarono una crema a base di tuorlo d’uovo, marsala e zucchero a cui dettero il nome del santo: il Sanbaylone, attualmente chiamato… zabaione!

di William Facchinetti Kerdudo

Per approfondire:

William Facchinetti Kerdudo
TORINO, MISTERI E ITINERARI INSOLITI TRA REALTA’ E LEGGENDA
POLARIS

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